Tu chiamale, se vuoi, emozioni

di Carlo Freccero

 

I brani sono tratti dal libro “Televisione” di Carlo Freccero, edito da Bollati Boringhieri.

Dall’approfondimento della notizia al consumo immediato

La diffusione sul territorio di mezzi di registrazione a basso costo, telefonini e cineprese, che permettono anche all’uomo della strada di raccogliere la testimonianza di un evento improvviso, ha in qualche modo “democratizzato” l’informazione. Tutti possono concorrere a creare una notizia. E difficilmente un evento può passare inosservato o restare privo di documentazione. Eventi drammatici come il G8, sono stati ripresi da tutte le possibili angolazioni. Niente può essere occultato. La disseminazione sul territorio di mezzi di comunicazione a basso costo, la possibilità di diffondere tramite internet le notizie che i media ufficiali censurano, ha dato nuovo fiato e nuove speranze alla controinformazione, che dagli anni del movimento si è evoluta sino a oggi.

Oggi la verità sembra più vicina e documentabile. Ma c’è un effetto perverso delle tecniche digitali, che fornisce nuovi strumenti alla manipolazione dell’informazione e alla sua spettacolarizzazione. L’uso della diretta e la moltiplicazione delle cineprese sul territorio (diffusione delle reti di informazione CNN, FOX, degli strumenti di uso personale, telefonino, cineprese digitali ecc.) hanno fatto sì che i grandi eventi possano avere una copertura video in diretta quasi integrale. L’evento viene quindi consumato nella sua immediatezza, come puro spettacolo. Passa in secondo piano la ricerca delle cause e delle motivazioni.

Il motivo è prima di tutto mediatico. Un giornalismo in differita (e un giornalismo che interviene a posteriori è necessariamente in differita) anziché mostrare l’evento deve fare un discorso più complesso, articolato e approfondito. Pensiamo a una notizia trasmessa dalla televisione, commentata dai giornali, oggetto di indagine da parte di settimanali e mensili, in video e sulla carta stampata. A ogni passaggio la notizia si arricchisce di particolari e colpi di scena. La televisione ha il pregio della tempestività. La carta stampata, ma anche il reportage, trasformano l’evento in un’inchiesta, inseriscono le immagini in un rapporto di causa-effetto che conferisce senso agli eventi. Il fatto che la televisione inserisca gli eventi nel novero delle grandi cerimonie mediatiche, fa sì che la consumazione spettacolare, visiva, prevalga sulle analisi. La consumazione dell’evento non è quindi razionale, ma emotiva.

E c’è anche una componente culturale. Per la mia generazione un grande evento era sinonimo di diffidenza e desiderio di comprensione. Oggi l’evento provoca commozione. Non dimentichiamo che la filosofia del Novecento è stata dominata dalla cosiddetta scuola del sospetto: Marx, Freud, Nietzsche. Niente accade per caso. Ogni evento ha profonde motivazioni, o sociali o interiori. Comprendere un evento è dipanare una catena di connessioni.

Oggi l’evento non deve essere compreso, deve emozionare. La sua consumazione è immediata. Non interessa la sfera logica. Il reality ci ha abituato a cercare negli eventi soprattutto un impatto emotivo.

Mi ha colpito l’affermazione di uno studente di comunicazione in una trasmissione di “Rai Educational” sull’11 settembre. Ha detto più o meno: “Non mi interessa sapere chi ha organizzato tutto, mi interessa conoscere i sentimenti di quei civili e di quei pompieri che dell’11 settembre sono stati le vittime”. Introspezione anziché analisi politica.

La consumazione dell’evento come spettacolo in diretta, non esclude approfondimenti e inchieste. Questi verranno però necessariamente in epoche successive e, come i reportage venduti in cassetta, avranno una circolazione marginale e limitata a un pubblico motivato. Trecentomila copie vendute di un reportage, rappresentano grandi numeri, ma non sono nulla rispetto ai milioni di spettatori raggiungibili dalla televisione. L’articolo e il reportage si rivolgono a un pubblico dotato di capitale culturale, abituato ad affrontare gli eventi come problemi.

La grande massa del pubblico vive l’impatto con l’evento solo emotivamente e rimuove immediatamente l’attenzione perché nuove immagini lo coinvolgono.

Il cambiamento di segno dell’informazione è certificato anche dall’attacco condotto dei giornali tradizionali da parte di pamphlet come La casta dei giornali di Beppe Lopez o di tribuni del popolo come Beppe Grillo, secondo il quale i giornali sono superflui perché le notizie sono reperibili su internet.

Rispetto alla notizia pura e semplice il giornale fa opera di approfondimento, ma quest’approfondimento è ritenuto superfluo.

L’infotainment

Se la notizia non è più oggetto di approfondimento, sarà allora gestita per stabilire col pubblico un rapporto di intrattenimento. La parola infotainment nasce dalla crasi, dalla sintesi di informazione e intrattenimento.

E’ una forma di informazione nata soprattutto per divertire. Ed è il tipico prodotto della naturale tendenza all’ibridazione della televisione. La ricerca dell’audience porta a replicare i generi e i format di successo. Ma la ripetizione dei prototipi non può essere identica. Ogni nuovo programma implica uno scarto rispetto al modello di successo e per le varianti si attinge a piene mani ad altri prototipi vincenti. Così la creazione di programmi televisivi si risolve in un processo continuo di donazione e di ibridazione. Si cercano i programmi più graditi al pubblico per incrociarli tra loro e da questi accoppiamenti può scaturire un nuovo genere.

L’infotainment è un misto di notizie e varietà, dove spesso le notizie sono recitate da comici di professione, come in Striscia la notizia. Ma la presenza del comico non ne depotenzia l’importanza, anzi, in alcuni casi conferisce alla notizia un’aura di maggiore autenticità. Non a caso in Italia, comici di professione come Dario Fo o Beppe Grillo si sono trasformati in politici e guru carismatici. Da sempre, sia nelle società liberali che nelle dittature, la critica del potere è affidata al comico e alla satira, a maggior ragione in presenza di censura.

Nelle società premoderne la critica del re era compito del buffone, che veniva peraltro mantenuto a corte proprio per questo. La satira del potere ha il fine riconosciuto di allentare la tensione e stemperare il risentimento con una risata. Il legame tra satira e verità è antichissimo.

Le moderne trasmissioni di infotainment, come Striscia la notizia o Le iene, conservano nella loro struttura una vocazione da Robin Hood: affrontano potenti, imbroglioni, mistificatori, chiedendo loro giustificazione in nome del pubblico che rappresentano.

Esiste una seconda forma di infotainment, il cui scopo è sempre l’intrattenimento, in cui la contaminazione non sta tanto tra informazione e varietà, ma tra forme alte e basse di informazione.

L’informazione ha molteplici declinazioni, dalle più alte, come l’inchiesta e il reportage, alle più basse come il gossip. Il gossip è un genere di informazione “bassa”, che ha da sempre i suoi cultori, soprattutto nei paesi anglosassoni. Tra i lettori di quotidiani, molti sono consumatori di tabloid scandalistici e su prodotti di questo tipo hanno costruito la loro fortuna editori come Murdoch.

La perdita di centralità della politica, l’oblio di parole forti come verità o indignazione nel giornalismo, hanno fatto sempre più dello spazio privato dei vip una sorta di spettacolo. La contaminazione tra generi, nei rotocalchi di informazione televisiva in Italia, da Porta a Porta a Matrix, si costruisce sui generi alti e bassi dell’informazione stessa: economia e gossip, politica e cronaca, nelle varianti rosa e nera.

Tutta l’interminabile cronaca dei processi di nera in diretta ha lo scopo di soddisfare un desiderio di fiction, di narrazione. La cronaca fornisce prototipi pronti, utilizzabili con costi contenuti, dei generi narrativi di maggior successo: rosa, noir, giallo, horror. Il giornalismo si fa telenovela, romanzo d’appendice, feuilleton.  

 

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