Un tempo si chiamava “sincretismo”. Oggi si potrebbe chiamare “mash-up”. E’ il vortice degli ibridismi, delle mescolanze, delle contaminazioni, delle fusioni. Non solo delle fonti, ma anche dei linguaggi e dei contenuti. La rete è anche questo capogiro, questa Babele, un regno dell’eccesso e delle franchigie, ma anche una potente energia che scardina sistemi e conservatorismi, e che – con una sorta di illusione faustiana di eternità – dissemina frammenti eternamente manipolabili e rinnovabili. Il brano che segue è tratto dall’introduzione del libro “Blog Notes. Guida ibrida al passato presente” di Piero Gaffuri, pubblicato da Lupetti-Editori di Comunicazione, con prefazione dell’antropologo francese Marc Augé.
L’epoca delle scoperte geografiche è finita ma c’è un territorio nel quale la dimensione spazio temporale è pressoché illimitata, che consente nuovi generi di ricerche e permette agli esploratori di ottenere sorprendenti risultati, questo ambito innovativo è Internet, la rete. Internet non è semplicemente un’architettura tecnologica ma un ambiente sociale ricco di contenuti che aumentano ogni giorno di numero e volume. Un’evidenza non ancora nota a tutti.
A questo proposito mi piace raccontare cosa è accaduto mentre ero alla ricerca dell’editore del mio ultimo libro Webland, dalla televisione alla metarealtà. Avevo inviato le bozze a numerose case editrici che, a mio parere, potevano essere interessate alla pubblicazione. Molti hanno cortesemente risposto che il testo non rispondeva ai requisiti della loro linea editoriale, altri, invece, non hanno risposto affatto. Un editore ha dato una risposta singolare: non poteva pubblicare il libro perché non disponeva di una collana di informatica.
Questo episodio la dice lunga su quanto peso abbiano i luoghi comuni anche negli ambienti che dovrebbero essere culturalmente più attrezzati. Sarebbe sufficiente cercare la parola Internet su Wikipedia: “Internet (contrazione della locuzione inglese interconnected networks, ovvero reti interconnesse) è una rete mondiale di reti di computer ad accesso pubblico, attualmente rappresentante il principale mezzo di comunicazione di massa, che offre all’utente una vasta serie di contenuti potenzialmente informativi e servizi”.
Limitare Internet all’informatica sarebbe come limitare la radio alla modulazione di frequenza, il cinema al nastro di triacetato di cellulosa, la televisione alla diffusione e trasmissione del segnale dimenticando che sono tutti mezzi di comunicazione di contenuti.
E’ vero comunque che negli ultimi anni Internet ha subito notevoli trasformazioni, tecnologiche e contenutistiche e non è stato facile seguirne le dinamiche evolutive visto che sono avvenute in tempi molto ristretti.
La stima di Nielsen sul numero di blog pubblici esistenti al mondo nel 2011 era di centocinquantasei milioni, i siti web sono attualmente seicento milioni e gli indirizzi Ip quasi un miliardo, considerando che la popolazione della terra è di circa sette miliardi di individui si ha presto un’idea di come sia aumentata in pochi anni la diffusione della rete.
Questo gigantesco sistema di connessioni, che si alimenta di continuo di immagini, informazioni, contenuti, andando a costituire un enorme magazzino di memoria e cultura globale, ha un forte impatto sulla dimensione simbolica della contemporaneità. In primo luogo perché consente a tutti di fruire di contenuti, in parte liberi, ma soprattutto di produrli, permette quindi di partecipare alla nuova dimensione mediatica, senza essere intermediati, rende possibile forme di espressione illimitata.
Michel Maffesoli, giunge a sostenere, ricordando Lèvi-Strauss, che si possa parlare di un’astuzia della tecnica: “Si può pensare, ecco cosa potrebbe essere l’ordine simbolico postmoderno, ad un’astuzia della tecnica che cortocircuita la dominazione tecnocratica (…), punto di reversione in cui si esprime la sinergia tra l’arcaico e lo sviluppo tecnologico”.
La tecnica che riscopre la sua origine greca, τέχνη (tekhnē), arte, nel senso di saper fare e, in questo nuovo contesto, mette il saper fare in stretta combinazione con la capacità di usare la rete, quindi leggere e pubblicare. Non so quanti post siano stati pubblicati lo scorso anno o quanti upload di video vi siano stati, credo comunque un numero molto elevato.
Una cosa è certa, non è possibile rimanere indifferenti all’intensità di questi processi, tanto meno sotto il profilo dello sviluppo e della diffusione dei contenuti culturali.
Impossibile sottrarsi al cortocircuito, un generale movimento ove si assiste al mescolarsi di tensioni e tendenze, perché il motivo dominante della rete è il mash up, l’ibridazione di forme e contenuti, un andamento centrifugo che riduce le distanze, anche trasformando la tecnica in arte e l’arte in un processo che descrive il passaggio.
Questa la ragione per cui le pagine che seguono sono nate in rete e oggi diventano un libro, un modo originale di invertire l’abituale linearità dei comportamenti.
Chiunque può trovare, leggere, copiare, sfruttare, ridurre, ampliare a suo piacimento il contenuto dei paragrafi di buona parte di questo libro, basta aprire la pagina del mio blog e fare un copia e incolla.
Ma è proprio nella precarietà che essi trovano il senso e la ragione della loro presenza, perché rappresentano storie di vite dedicate all’arte, alla musica, alla letteratura, al pensiero e i pezzi, i frammenti dell’esperienza hanno valore solo quando vengono fatti propri da altri, in qualche caso metabolizzati. Inoltre si scopre che gli artisti più innovativi del recente passato e del presente manifestavano ed esprimono forti tendenze all’eclettismo, al mescolamento degli stili e degli spunti, infatti vi sono pittori cineasti, musicisti pittori, pittori poeti o poeti pittori e vi sono persone che confondono le loro identità al punto tale da non essere riconoscibili.
Il mescolamento, il mash up consente la sovrapposizione delle categorie, l’annullamento degli specialismi, mettendo in discussione l’organizzazione del lavoro tecnocratico, inclinando il piano dell’apollineo verso il dionisiaco, dando voce agli spazi dell’eccesso dentro la prigione del progetto. Ne emerge un quadro singolare, nel quale sono i lettori, gli utenti a definire le priorità, e attraverso questa scelta a costruire la scansione dei paragrafi, i capitoli, a dare significato al testo.
E non è un caso, in un’epoca contrassegnata dallo sviluppo scientifico e tecnologico, sia la Natura a tornare al centro dell’interesse, una natura originaria necessariamente liberata dai vincoli delle necessità umane, un ecosistema verso il quale adesso riversiamo amore senza paura di provare dolore, capace quindi di nutrire le arti, i sensi, le coscienze, la vita.
Oltre la Natura emerge l’interesse verso la condivisione delle arti, meglio un appropriarsi degli elementi fondanti delle arti, che non sono più vissute come lontane, limitate ai giochi di una élite sofisticata ma socialmente condivisibili e utilizzabili, partecipabili e non solo sotto l’aspetto della fruizione.
La riscoperta delle emozioni si coniuga con la voglia e la necessità di liberarsi dalle convenzioni, dal grigiore del piano di vita e dai suoi passaggi obbligati dettati dai consigli ragionevoli delle esperienze pregresse.
L’erba dei giardini dell’eccesso prova a diffondersi, a uscire dai confini, a superare gli steccati invadendo campi innaturalmente ordinati, un’energia endogena che per contagiare non comunica ma sfrutta processi e andamenti di contaminazione naturale, un morbo buono che si trasmette anche imitando la bellezza.
I precedenti sistemi di comunicazione distribuivano gli stessi contenuti, nel medesimo modo e a orari prestabiliti, in rete invece assistiamo a processi di disseminazione che seguono andamenti stocastici, non è l’interesse del produttore a dettare il tempo e il modo della diffusione ma il fascino dell’utilizzazione.
Il principio attivo quindi non è più semplice fruizione bensì la comunione: condivisione comunitaria del contenuto.
E’ per questa ragione che un contenuto pubblicato da tempo viene improvvisamente notato, visitato e condiviso. Una mostra, una conferenza, un componimento, chissà? Essenziale che il contenuto sia fatto proprio, riveli un’insita effervescenza e l’innata tendenza a diffondersi.
Non posso sapere quale sarà il destino del mio blog, certamente per ora continuerò, poi, un giorno, come tutte le cose avrà fine, ma le sue note rimarranno in rete, in paziente attesa di una spinta, di un alito di vento che possa liberare frammenti di testo e di scrittura.
La mia speranza è che i testi, i frammenti fungano da stimolo per inventare qualcosa di nuovo o più semplicemente per decorare una maglietta. “Internet potrebbe essere il luogo in cui, grazie ai siti comunitari, ai forum di discussione, ai blog, orkut e social network, si diffondano i diversi saperi, i movimenti di ribellione, le manifestazioni spontanee (flash mob), gli scambi commerciali, erotici, religiosi e filosofici” (Michel Maffesoli, Matrimonium. Breve trattato di Ecosofia).
Quindi un nuovo modo di navigare e scoprire un nuovo mondo, nel quale possiamo avere l’incredibile opportunità di rovesciare i paradigmi del vecchio, evitando accuratamente di commettere errori quando cercheremo di dar vita a forme alternative di comunicazione e di socialità.
Piero Gaffuri, scrittore ed esperto di new media, è amministratore delegato di Rai Net.
Il suo blog è: themadjack.com